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La pillola di oggi
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La pillola di oggi
Allora ero
uno dei tanti “diversi”
oggi sono un marziano…
28/7/2016 La Repubblica - CULTURA
Trentacinque anni fa il confronto di Scalfari
con il segretario del Pci
Ecco un estratto
dell’intervista
La questione
morale
“I partiti? Solo potere e clientela” Così
Berlinguer lanciò l’allarme
EUGENIO SCALFARI
«I partiti non fanno più politica», mi dice
Enrico Berlinguer, ed ha una piega amara sulla bocca e nella voce come un velo
di rimpianto. Mi fa una curiosa sensazione sentirgli dire questa frase. Siamo
immersi nella politica fino al collo: le pagine dei giornali e della tv
grondano di titoli politici, di personaggi politici, di battaglie politiche, di
slogan politici, di formule politiche, al punto che gli italiani sono stufi,
hanno ormai il rigetto della politica e un vento di qualunquismo soffia
robustamente dall’Alpi al Lilibeo...
«No, non è così», dice lui scuotendo la testa
sconsolato. «Politica si faceva nel 1945, nel 1948 e ancora negli anni
Cinquanta e sin verso la fine dei Sessanta. Grandi dibattiti, grandi scontri di
idee e, certo, anche di interessi corposi, ma illuminati da prospettive chiare,
anche se diverse, e dal proposito di assicurare il bene comune. Che passione
c’era allora, quanto entusiasmo, quante rabbie sacrosante! Soprattutto c’era lo
sforzo di capire la realtà del Paese e di interpretarla. E tra avversari ci si
stimava. De Gasperi stimava Togliatti e Nenni e, al di là delle asprezze
polemiche, n’era ricambiato ».
Oggi non è più così?
«Direi proprio di no: i partiti hanno degenerato
e questa è l’origine dei malanni d’Italia».
La passione è finita? La stima reciproca è
caduta?
«Per noi comunisti la passione non è finita.
Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui ma i
fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono
soprattutto macchine di potere e di clientela; scarsa o mistificata conoscenza
della vita e dei problemi della società, della gente; idee, ideali, programmi
pochi o vaghi; sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più
disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun
rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli,
senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si
è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo,
formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l’iniziativa: sono
piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un “boss” e dei
“sotto-boss”».
Lei mi ha detto poco fa che la degenerazione
dei partiti è il punto essenziale della crisi italiana.
«È quello che io penso».
Per quale motivo?
«I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le
sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli
enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali,
gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio,
oggi c’è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della
Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente: ma noi
impediremo che un grande organo di stampa come il Corriere faccia una così
brutta fine. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe
lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le “operazioni” che
le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere
vengono viste prevalentemente in funzione dell’interesse del partito o della
corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso
se è utile a questo fine, se procura dei vantaggi e rapporti di clientela;
un’autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una
cattedra viene assegnata, un’attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i
beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche
quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti».
Lei fa un quadro della realtà italiana da far
accapponare la pelle.
«E secondo lei non corrisponde alla
situazione?».
Debbo riconoscere, signor segretario, che in
gran parte è un quadro realistico. Ma vorrei chiederle: se gli italiani
sopportano questo stato di cose è segno che lo accettano o che non se ne
accorgono. Altrimenti voi avreste conquistato la guida del Paese da un pezzo.
«La domanda è complessa. Mi consentirà di
risponderle ordinatamente. Anzitutto: molti italiani, secondo me, si accorgono
benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei
favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto.
Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei
partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non
riceverne più. Vuole una conferma di quanto dico? Confronti il voto che gli
italiani hanno dato in occasione dei referendum e quello delle normali elezioni
politiche e amministrative. Il voto ai referendum non comporta favori, non
coinvolge rapporti clientelari, non mette in gioco e non mobilita candidati e
interessi privati o di un gruppo o di parte. È un voto assolutamente libero da
questo genere di condizionamenti. Ebbene, sia nel ‘74 per il divorzio, sia,
ancor di più, nell’81 per l’aborto, gli italiani hanno fornito l’immagine di un
Paese liberissimo e moderno, hanno dato un voto di progresso. Al nord come
al sud, nelle città come nelle campagne, nei quartieri borghesi come in quelli
operai e proletari. Nelle elezioni politiche e amministrative il quadro cambia,
anche a distanza di poche settimane. Ma io credo di sapere a che cosa lei pensa:
poiché noi dichiariamo di essere un partito “diverso” dagli altri lei
pensa che gli italiani abbiamo timore di questa diversità».
Sì, è così, penso proprio a questa vostra
conclamata diversità. A volte ne parlate come se foste dei marziani, oppure dei
missionari in terra d’infedeli: e la gente diffida. Vuole spiegarmi con
chiarezza in che consiste la vostra diversi- tà? C’è da averne paura?
«Qualcuno, sì, ha ragione di temerne, e lei
capisce subito chi intendo. Per una risposta chiara alla sua domanda, elencherò
per punti molto semplici in che consiste il nostro essere diversi, così spero
non ci sarà più margine all’equivoco. Dunque: primo, noi vogliamo che i partiti
cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono, come dice la nostra
Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione:
e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più
numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di
opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando
democraticamente l’operato delle istituzioni. Ecco la prima ragione della
nostra diversità. Le sembra che debba incutere tanta paura agli italiani?».
Lei ha detto varie volte che la questione
morale oggi è al centro della questione italiana. Perché?
«La questione morale non si esaurisce nel
fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere
della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e
bisogna metterli in galera. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa
tutt’uno con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle
loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la
concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente
abbandonati e superati. Ecco perché gli altri partiti possono provare d’essere
forze di serio rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione
morale andando alle sue cause politiche. Ma poi, quel che deve interessare
veramente è la sorte del Paese. Se si continua in questo modo, in Italia la
democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi: rischia di
soffocare in una palude. Ma non è venuto il momento di cambiare e di costruire
una società che non sia un immondezzaio?».
Per cambiare occorre una
Altra Cultura
Cantiere di opinioni
e di azioni*
valorizzare il territorio ed i suoi
abitanti attraverso il confronto e la condivisione
per esprimere al meglio il meglio
“Un uomo chiamato a fare lo spazzino
dovrebbe spazzare le strade così come Michelangelo dipingeva, o Beethoven
componeva, o Shakespeare scriveva poesie. Egli dovrebbe spazzare le strade così
bene al punto che tutti gli ospiti del cielo e della terra si fermerebbero per
dire che qui ha vissuto un grande spazzino che faceva bene il suo lavoro.”
Martin Luther King
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