giovedì 20 gennaio 2011


 A proposito dei
miracoli
del Governo…
 
LA RICERCA ISTAT
«NOI ITALIA»

FOTOGRAFA UNA
GENERAZIONE PERDUTA


Per un giovane su
5 né studio né lavoro

Sotto il livello di povertà il 15% delle famiglie
 



In Italia un giovane su cinque non studia e nemmeno lavora: si tratta di una massa di 2 milioni e passa di ragazzi e ragazze «non più inseriti in un percorso scolastico-formativo ma neppure impegnati in un’attività lavorativa» scrive l’Istat, secondo cui nella fascia di età fra i 15 e i 29 anni ben il 21,2% è in queste condizioni, «la quota più elevata in Europa».
 
Più in dettaglio, il rapporto dell’Istat «Noi Italia» (relativo al 2009) sottolinea che nel Belpaese quasi una donna su due in età da lavoro non ha un posto e nemmeno lo cerca (perché non ha speranze.
 
Il tasso di inattività femminile italiano (48,9%) è il secondo dell’Ue, inferiore solo a quello di Malta.
 
Il rapporto dice molto altro. Per esempio che il 44,4% dei disoccupati (a prescindere da età e sesso) è in cerca di lavoro da oltre un anno. E questa condizione è indice massimo di disagio sociale. E va pure notato che i lavoratori irregolari sono l’11,9%, quota che sale a uno su cinque nel Mezzogiorno e a uno su quattro in agricoltura. La Regione con la quota più alta di lavoratori irregolari è la Calabria (26,6%) mentre quella con la percentuale più bassa è l’Emilia Romagna (8,5%).

Per quanto riguarda l’agricoltura, la Cia-Confederazione italiana agricoltori segnala che dal rapporto dell’Istat risulta che «nell’arco di dieci anni in Italia hanno chiuso i battenti ben 474 mila aziende agricole. Si tratta di una perdita complessiva di quasi 50 mila imprese l’anno. Un numero impressionante, con conseguenze pesanti sull’occupazione». L’insicurezza allontana i giovani, non consentendo un ricambio generazionale: «Soltanto 112 mila aziende oggi hanno un conduttore sotto i 35 anni» osserva la Cia. E i prezzi non remunerativi per i prodotti dei campi «rischiano di trascinare nel baratro migliaia di aziende che non riescono più a stare sul mercato».

Per quanto riguarda la generalità delle aziende di tutti i settori, l’Istat segnala che «la solvibilità delle imprese che sono ricorse al finanziamento bancario è sistematicamente inferiore nelle regioni del Mezzogiorno rispetto a quelle del Centro Nord. La maggiore rischiosità si riflette sui livelli dei tassi d’interesse, mediamente superiori di circa un punto percentuale».

 
L’Italia è comunque il Paese delle imprese: ce ne sono «quasi 66 ogni mille abitanti, valore tra i più elevati d’Europa». Ma la dimensione media è di appena 4 addetti ciascuna.

L’Istat osserva pure che in Italia le famiglie in condizioni di povertà relativa sono il 4,7%, per un totale di 3,1 milioni di individui, mentre il 10,8% delle famiglie, con 7,8 milioni di persone, subisce quella che l’Istat qualifica come «povertà relativa». Il totale fa 15,5%. La Cia: in dieci anni sono state chiuse cinquecentomila aziende agricole

 



20 Gennaio 2011 – La Stampa
LUIGI GRASSIA

 
Questi sono dati
oggettivi
e non interpretazioni
 
gba

 

1 commento:

  1. caro amico mio
    hai fatto bene a postare questi dati.
    ieri, li commentavo proprio sulla home page di una nota agenzia di stampa.
    tra i vari commenti c'era quello di un quarantenne che urlava " i giovani non hanno voglia di fare un beneamato"...
    frase fatta o consapevole dichiarazione non so, certamente in me ha scatenato una sorta di indignazione.
    ma non tale quanto quella di sentire i commenti in tv e sui giornali da parte di politici di destra che dicono "sono notizie di parte per screditare le azioni del governo che ha fatto e fa tanto", e quelle della sinistra che ormai è solita strumentalizzare ogni cosa per attaccare il governo, senza capire che noi disoccupati non siamo un arma, ma un obiettivo, e finora nessuno di lor signori lo ha compreso.
    alle volte penso che sarebbe meglio se al potere andasse un giusto mix di gente normale, senza convinzioni politiche, ma di sani principi, e tecnici "volontari"apolitici...

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