Piuttosto che vivere
mentendo a se stessi
mentendo a se stessi
e agli altri…
“La vita
seria”
Ragazzino, come mai cammini accanto ai binari
del treno? Vado per la mia strada, risponde Flavio alla donna di Moncalieri che
lo interroga dal bordo del viale. Meglio allontanarsi dalla città, seguire il
percorso della ferrovia finché ci sono soltanto prati intorno. E’ allora che il
ragazzino posa a terra lo zaino e corre fra i binari con un tempismo perfetto
che impedisce al macchinista di frenare. Aveva quindici anni e un quattro e mezzo
di matematica nel suo diario. Adesso scaveranno sulla sua famiglia, il genitore
duro, il genitore assente. Tutto vero, tutto relativo. Di assoluto c’è solo
quel gesto che sembra ricordarci qualcosa.
I nostri quindici anni. Quando la vita è
ancora una cosa seria da prendere molto sul serio, senza chiaroscuri né ironie
a farci da guscio. Quando un quattro a scuola non è un quattro, ma una sentenza
definitiva. E lo sfiorire del primo amore diventa l’archetipo irripetibile di
ogni sofferenza futura, come ricorda Nick Hornby alla fidanzata trentenne che
lo ha lasciato, nell’incipit memorabile di Alta fedeltà: «Se volevi davvero
incasinarmi, dovevi arrivare prima».
Perché poi la vita cambia e ci cambia,
rendendoci disponibili ai compromessi, ai ragionamenti, alle lusinghe del buon
senso e della convenienza. Uno impara a dominare gli istinti, a mentire a se
stesso oltre che agli altri, a osservare la realtà in diagonale e non sempre di
petto. Ma non tutti arrivano a questo stadio. Qualcuno si ferma prima. Perché
più idealista, più tormentato, più debole. Nessuno lo incolpi e nessuno si
senta in colpa. Flavio è andato per la sua strada e a me viene soltanto da
dirgli ciao.
Massimo Gramellini La Stampa 13 Aprile 2012
…meglio
scappare
dalla
vita
in
compagnia
dei
propri
IDEALI!!!
…se volete dite la Vostra qui sotto!!!
gba
L’articolo di Gramellini è chiuso , assoluto, si arriva in fondo e non ci sono più parole.
RispondiEliminaCerco, però, di andare oltre quel nodo che stringe la gola e di raccogliere i pensieri, di andare verso una riflessione scomoda che molti non condividono, difficile da accettare soprattutto per chi ha perduto un figlio.
Penso che il suicidio sia un gesto di libertà, una scelta che ogni individuo può percorrere, estremizzando, forse, togliersi la vita è un gesto davvero libero perché vuol dire decidere, non lasciarsi annullare, schiacciare dagli eventi, dalle sofferenze ed è una scelta che merita un incondizionato rispetto.
Un suicidio lascia sempre un senso di smarrimento e la prima domanda che ci si pone è “perché?”. Spesso i motivi possono sembrare banali agli occhi del mondo, soprattutto quando ci si uccide per un brutto voto preso a scuola, importante non è l’episodio ma il significato che assume per una persona che sta male, quanto pesa un fallimento, quanto costa accettare una delusione …?
Non è né un debole, né un depresso chi con premeditazione decide di separarsi da questo pianeta, perché non accettarlo da un ragazzo di quindici anni ?! E’ dura lo so, e a pensarci mi si accappona la pelle, però è giusto così, aver vissuto di meno non vuol dire non aver capito dove si vuole andare. Cerchiamo pure le colpe nel contesto sociale, sappiamo anche che nella vita tutto può cambiare, che esiste la speranza, ma bisogna anche sapersi arrendere all’imponderabile, bisogna mettere in conto che “pensare di conoscere una persona è come pensare che il mare finisca all’orizzonte”.
Dunque non posso dire sì al suicidio meditato soltanto dai trent’anni in su e no a chi ne ha appena compiuti quindici. Flavio è andato davvero per la sua strada con il suo bagaglio seppur fragile di esperienze di vita . Problemi diversi con ognuno il suo peso, ma che tolgono allo stesso modo il fiato e la voglia di vivere.
Margherita G.