venerdì 4 marzo 2011


 Una acuta e dotta riflessione…
 
Gli aristocratici del bene
fanno il gioco del male

La critica alla sinistra neoazionista
in un saggio di Franco Cassano:
si compiace della propria superiorità morale
e dimentica gli uomini reali


MASSIMILIANO PANARARI

 



Il Grande Inquisitore conosce bene, benissimo, gli uomini, come il diavolo che fa le pentole e, in verità, assai spesso, anche i coperchi. Il pensiero politico, da che mondo è mondo, non può prescindere dal confronto con il Male e le sue emanazioni - come, per l’appunto, l’onnipotente e terribile figura evocata da Dostoevskij nel quinto libro dei Fratelli Karamazov - poiché, dalla lettura che ne dà, corrispondente all’interpretazione della natura umana, discendono delle conseguenze (e delle azioni) molto diverse.
 
Questo spiega, dunque, perché negli ultimi anni La Leggenda del Grande Inquisitore rappresenti un oggetto di continua riflessione da parte di vari protagonisti della cultura italiana, da Sergio Givone a Gustavo Zagrebelsky, con posizioni che possono venire tradotte, quasi immediatamente, in altrettante filosofie politiche.
 
Quel monologo torna, all’insegna di un’analisi assai originale, nelle pagine de L’umiltà del male (Laterza, pp. 112, euro 14, in uscita oggi), il nuovo libro del sociologo Franco Cassano, uno degli intellettuali di riferimento della sinistra italiana sin dai tempi della cosiddetta école barisienne (e uno dei cui testi,

Il pensiero meridiano , ha contribuito significativamente a forgiare l’«ideologia» di Nichi Vendola). La tesi di Cassano va contro il mainstream delle ermeneutiche prevalenti della Leggenda che insistono tutte sulla netta distinzione tra il male incarnato dall’Inquisitore e il Bene di cui, naturalmente, è simbolo il sofferente e silenzioso Gesù Cristo tornato sulla terra nella Spagna insanguinata dai roghi e dalle persecuzioni scatenate dai suoi sedicenti difensori.

 
Troppo manicheismo, che distingue così nettamente tra la ragione e il torto, sostiene lo studioso, non porta da nessuna parte, se non verso un assolutismo morale e un «aristocratismo etico» che serve unicamente a rafforzare i suoi portatori della convinzione intorno alla propria superiorità morale.
 
Il punto, decisivo ma troppo sottovalutato, invece, è che il male dispone di infinite capacità di adattamento e sa reinventarsi ogni volta, a differenza di una morale che rischia di essere autoreferenziale e scarsamente attraente. La , forza del Grande Inquisitore risiede nel suo essere un profondissimo conoscitore della natura umana, delle nostre fragilità e miserie; e se un tempo il suo governo sugli individui si nutriva del miracolo, del mistero e dell’autorità - come affermava l’ateo Ivan Karamazov - nell’età liquida e postmodernissima i suoi mezzi di dominio si rivelano straordinariamente ancora più potenti.
 
E, così, questo spin doctor della manipolazione delle debolezze personali può contare oggi, rimarca Cassano, sul narcisismo amorale e il divismo della mediocrità esaltati dalla società dello spettacolo e sul consumismo illimitato.
 
E, allora, che fare? Una domanda tutt’altro che peregrina, perché in questo libro, decisamente attuale, si avverte l’eco del conflitto tra due tendenze di fondo della storia della sinistra italiana: in buona misura, Hegel vs. Kant, l’essere degli uomini contrapposto al «dover essere», che vorrebbe gli individui migliori di quello che sono (e, quindi, perde, come fa intendere l’autore). Se le città avessero un’anima politica esclusiva potremmo dire la sinistra neoazionista dei «cieli stellati» sopra Torino (e della «legge morale» dentro di sé) vs. quella plurale della Bari meridiana di Cassano (col suo laboratorio politico e culturale che va da Gianrico Carofiglio a Nicola Lagioia).
 
Racconta la Leggenda che il trionfo del Grande Inquisitore deriva dall’abbandono del campo da parte dei «dodicimila santi», onesti, ma un po’ troppo presuntuosi e saccenti, come certe élites salottiere (e, in ogni caso, numericamente troppo pochi per vincere). Gli uomini non sono santi, e quindi Cassano rivolge alla sinistra l’appello a fare i conti con questo dato di fatto e con la «zona grigia», come la chiamava Primo Levi. Non c’è nostalgismo per qualche epoca (irreversibilmente) passata, ché, anzi, agli anatemi di Adorno nei confronti dell’industria culturale Cassano contrappone uno sforzo di comprensione dei mass media per imparare a usarli.
 
E, naturalmente, men che meno siamo dalle parti della falange degli Smutandati capitanati da Giuliano Ferrara, dal momento che, scrive il sociologo, «capire non è perdonare». Il suo è un realismo di sinistra, che mette insieme Gramsci e i cultural studies nello sforzo di capire le continue metamorfosi della società, invitando i progressisti a un bagno di «umiltà» per comprendere, di nuovo, il popolo e non lasciarlo nelle grinfie del Grande Inquisitore.



 LA TESI
Il manicheismo oggi imperante non porta da nessuna parte
IL GRANDE INQUISITORE
La sua forza sta nel conoscere a fondo le debolezze umane
CHE FARE?
Ripartire da come sono gli esseri umani e non da come dovrebbero essere
L’ALTERNATIVA
La scuola marxista barese che ha ispirato Vendola sfida l’azionismo torinese

Quei supponenti narcisi dell’etica

FRANCO CASSANO
 



L’obiettivo critico del nostro ragionamento è il narcisismo etico, quell’atteggiamento che, affetto da un sentimento di superiorità morale, finisce per lasciare la debolezza degli uomini nelle mani del nemico. Intendiamoci: i limiti di questo atteggiamento sono cosa ben diversa da quelli che affliggono l’anima bella, di cui Hegel dice con giusta durezza: «nella purezza si è conservata buona perché non agisce», e subito dopo: «il dovere senza operazione manca di ogni significato». Di istruttori di nuoto che non si sono mai tuffati in acqua nella società del voyeurismo organizzato ne abbiamo già molti.
 
Il narcisismo etico di cui parliamo, invece, non cela alcuna doppiezza, perché alla sua origine c'è un'opzione coraggiosa e chi lo pratica si è tuffato in acqua, mentre gli altri sono rimasti a guardare. Né i suoi limiti sono quelli che Weber rimprovera ai «grandi modelli di carità e di bontà, siano essi nati a Nazareth o ad Assisi o nei palazzi reali indiani», il cui regno non è di questo mondo. Noi, come Weber, siamo convinti che la fisica del mondo sia molto diversa da quella delle idee, ma crediamo più di lui che tra i due regni si possano trovare aree fragili e provvisorie di sovrapposizione ed incontro.
 
Il mondo terreno appare consegnato al male soprattutto perché quest’ultimo è umile e disponibile, a differenza dei migliori che sono talvolta accecati dalla propria supponenza.(...)
 



Teorico del Pensiero Meridiano



Franco Cassanoè nato ad Ancona nel 1943 e insegna Sociologia della conoscenza nell’Università di Bari. Ha scritto nel 1996Il pensiero meridiano (Laterza), un testo fondamentale nel dibattito su identità, arretratezza e modernizzazione del nostro Sud. Sotto anticipiamo un brano da L’umiltà del male il suo nuovo saggio che esce oggi da Laterza



La Stampa 4 Febbraio 2011
 
…per capire che
finché la sinistra
lascerà gestire

“le debolezze umane”
solo ed esclusivamente
alla destra,
non potrà mai
essere Vincente.

 
Con l’auspicio che su questo tema
il Blog venga inondato di opinioni.
 
gba
 

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