La fame di fama
malattia diffusa…
Da Paris Hilton al superlatitante
tutte le vittime dell'oversharing
tutte le vittime dell'oversharing
Con la
crescente diffusione dei social network, cresce l'abitudine di condividere in
rete ogni più piccolo aspetto delle propria vita privata, dalla cena, alle
malattie, agli spostamenti. Con ripercussioni sempre più pesanti sulla privacy
e sull'etichetta
di CRISTINA CUCCINIELLO per La Repubblica 4 Aprile 2012
DA RIHANNA AL PD I MALATI DELL'OVERSHARING
Quando Jeff
Jarvis - editorialista per il Guardian, blogger, direttore
del corso sui nuovi media alla City University of New York's Graduate School of
Journalism - decise, tra il 2009 ed il 2010, di condividere fin nei
più intimi e dolorosi dettagli l'andamento del suo tumore alla prostata sul suo
blog BuzzMachine, si trovò a
dover fronteggiare le veementi contestazioni che gli vennero mosse da Mark
Dery, critico musicale e letterario del New York Times. Dery, dalle
pagine del sito True/Slant - start up allora fondata dal gruppo
Forbes, che pochi mesi dopo cessò le pubblicazioni online - attaccò Jarvis sostenendo che fosse privo di senso della decenza. Jarvis,
a sua volta, non esitò a definire le critiche di Dery come frutto di una mente bigotta, vittoriana e puritana. Fu
questo - insieme all'analisi di quanto accaduto che Steven Johnson
volle offrire dalle pagine del Time il burrascoso inizio del dibattito sull'oversharing.
"La definizione di oversharing è eccesso di condivisione di informazioni", ci spiega Marco Deseriis - giornalista e PhD del New York University Department of Media, Culture, and Communication - "ma la prima domanda che dobbiamo porci è chi stabilisce che tale condivisione costituisce un eccesso". Con molto meno scrupolo scientifico, ma una buona dose di humour, il blog Oversharers.com definisce oversharer "chiunque condivida pubblicamente dettagli della propria vita imbarazzanti, intimi o disgustosi, ovunque sia possibile venirne a conoscenza: su Facebook, su Twitter, su di un blog o su di un punto qualunque del web". Ma sulla composizione del pool di esperti di oversharing dediti a raccogliere testimonianze dal web vige il mistero: "Chi decide cosa è eccessivo da condividere? Noi, ma non possiamo dirvi chi siamo: sarebbe eccessivo condividerlo".
"La definizione di oversharing è eccesso di condivisione di informazioni", ci spiega Marco Deseriis - giornalista e PhD del New York University Department of Media, Culture, and Communication - "ma la prima domanda che dobbiamo porci è chi stabilisce che tale condivisione costituisce un eccesso". Con molto meno scrupolo scientifico, ma una buona dose di humour, il blog Oversharers.com definisce oversharer "chiunque condivida pubblicamente dettagli della propria vita imbarazzanti, intimi o disgustosi, ovunque sia possibile venirne a conoscenza: su Facebook, su Twitter, su di un blog o su di un punto qualunque del web". Ma sulla composizione del pool di esperti di oversharing dediti a raccogliere testimonianze dal web vige il mistero: "Chi decide cosa è eccessivo da condividere? Noi, ma non possiamo dirvi chi siamo: sarebbe eccessivo condividerlo".
Ci casca
anche Bersani. Se il post di Jeff Jarvis ne è il Manifesto e se, di recente, il Washington Post ne ha teorizzato la rapida fine, l'epoca della
sovra-condivisione ovvero 'the Age of Oversharing' è tutt'altro che facile da
definire. Il Wikizionario considera oversharing l'inappropriata condivisione del proprio
vissuto personale. Ma cosa è inappropriato? Nel caso di Jeff Jarvis, secondo
Dery, era inappropriato scendere nei dettagli del suo stato di salute. Nel
caso, tutto italiano, dei parlamentari del Partito Democratico rei - secondo il
segretario Pier Luigi Bersani - di aver diffuso fuori dalle mura del Collegio
del Nazareno lo svolgimento della Direzione dello scorso 26 marzo,
inappropriato era twittare utilizzando l'hashtag #direzionepd. Quegli stessi
tweet, peraltro, sono stati considerati inappropriati dai cronisti che non
potevano, negli stessi istanti, accedere alla Direzione perché a porte chiuse,
ma - nel contempo - non erano affatto inappropriati
agli occhi degli utenti che seguivano la diretta della Direzione su Twitter.
Decide chi
legge. Insomma, "l'eccesso è solo 'in the eyes of the beholder', cioè è
solo una parte del pubblico che può riservarsi il diritto di considerare queste
informazioni private eccessive, non interessanti", spiega Deseriis, "il
fenomeno delle Twitter e delle Facebook celebrities è sicuramente parte del
concetto di oversharing, ma dal punto di vista della web celebrity, o aspirante
tale, condividere queste informazioni ha perfettamente senso, soprattutto se è
proprio questa condivisione a produrre celebrità".
Quindici
minuti di fama. È grazie a questo meccanismo che - negli stessi
anni in cui è sempre più viva l'esigenza di codificare e criptare l'invio su
web di dati personali - si assiste all'avverarsi della previsione
di Mark Dery: "la nostra è l'era della celebrità diffusa, non è forse
questa la motivazione dietro a ciò che chiamiamo oversharing? Nel tempo dei
reality tv, di Paris Hilton, di American Idol e di Youtube - che ha
il potere, se il tuo video si diffonde in modo virale - di
trasformarti in una star, siamo tutti come Norma Desmond ne 'Il viale del
tramonto', pronti a mostrarci in primo piano, per il nostro warholiano quarto
d'ora di celebrità". Attenzione, però, le informazioni condivise, anche al
fine di rincorrere la celebrità, non sempre sono vere: "ciò che viene
eccessivamente condiviso non è necessariamente vero, è vero solo all'interno di
quella matrice performativa che presenta quella parte del sé che si vuole che
gli altri vedano", suggerisce Deseriis.
Rischio
privacy. C'è, infine, il rischio maggiore, quello verso la propria privacy:
"Quando si parla di oversharing in rapporto ai rischi per la privacy,
Foursquare è l'applicazione più studiata in tal senso, visto il boom di utenti
che sta conoscendo negli Stati Uniti. Gli scettici fanno notare che far sapere
agli altri dove si è costantemente può produrre dei rischi concreti per la
propria incolumità legati al fatto che un potenziale criminale possa utilizzare
Foursquare per prendere di mira determinati individui", ci spiega
Deseriis, "ma la casistica è così diffusa poiché i più a rischio sono
certamente celebrities e personaggi pubblici, i quali tuttavia si guardano bene
dall'utilizzare Foursquare. Inoltre, Foursquare è dotata, come tutti i social
network, di impostazioni di privacy che permettono all'utente di decidere chi
può avere accesso a queste informazioni. Il problema si pone quando gli utenti
condividono la propria posizione su piattaforma multipla, cioè anche attraverso
Facebook e Twitter. In quel caso, diventa quasi impossibile controllare chi ha
accesso a quali informazioni, o lo si può fare solo attraverso una gestione
molto oculata dei privacy settings su entrambe le piattaforme".
Oversharing, quando serve davvero. Insomma, se Paris Hilton è quantomeno sventata nel condividere via Twitter ogni suo spostamento, non è stato affatto inappropriato - almeno agli occhi dei carabinieri del nucleo investigativo di Palermo - Vito Roberto Palazzolo, tesoriere di Totò Riina e Bernardo Provenzano, nel condividere la sua posizione in Thailandia su Facebook: un pericoloso latitante è stato arrestato grazie all'oversharing, quell'immotivato bisogno di condividere dettagli superflui, in modo inappropriato, certo, ma non sempre dannoso.
Oversharing, quando serve davvero. Insomma, se Paris Hilton è quantomeno sventata nel condividere via Twitter ogni suo spostamento, non è stato affatto inappropriato - almeno agli occhi dei carabinieri del nucleo investigativo di Palermo - Vito Roberto Palazzolo, tesoriere di Totò Riina e Bernardo Provenzano, nel condividere la sua posizione in Thailandia su Facebook: un pericoloso latitante è stato arrestato grazie all'oversharing, quell'immotivato bisogno di condividere dettagli superflui, in modo inappropriato, certo, ma non sempre dannoso.
…anche
nel virtuale occorre
meditare
e riflettere
prima di AGIRE !!!
…se volete dite la Vostra qui sotto!!!
gba
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