In un mondo che confonde
il dire con il comunicare
il dire con il comunicare
il virtuale uccide
il reale…
Andrea,
dietro il dramma omofobia
la generazione ingabbiata da Facebook
la generazione ingabbiata da Facebook
Nessuno
vive senza social network,
ma molti vanno oltre:
ma molti vanno oltre:
la
vita reale esiste solo in una
bacheca
virtuale
Ma
siamo proprio sicuri che nel caso di Andrea il problema fosse solo l’omofobia?
E Facebook e il suo ruolo fra gli adolescenti? Nessuno di loro vive senza il
social network ma molti vanno oltre, identificano vita reale e vita social,
esistono solo sulla base delle parole scritte sulle bacheche, delle foto
postate e condivise. Le loro vite si distorcono, diventano figure in continuo
movimento come in un labirinto dalle pareti coperte di specchi deformanti
finché nessuno e’ in grado di dire qual è l’immagine reale.
Andrea
di questo gioco sembrava essere un maestro. Ancora oggi che i riflettori delle
telecamere sono puntati sui suoi familiari nessuno sa chi sia davvero o che
cosa gli pensasse. Aveva un profilo Facebook come tutti i suoi coetanei. Per
scherzo, o forse no, ad un certo punto apre sempre su Facebook un’altra pagina.
Lì il suo nome viene distorto, femminilizzato, coperto di scherno e insulti. E’
un gay, va preso di mira e colpito, sostengono ragazzi in gran parte nascosti
dietro nomi falsi. Molti non sanno – come raccontano i suoi compagni di scuola
– che ad avere l’idea di creare la pagina è stato anche lui: gli piaceva l’idea
di prendersi in giro, di giocare con il suo personaggio, come con una maschera.
Dov’è
la realtà in questo gorgo di account fittizi e giochi di mascheramento? E che
cosa ci racconta di Andrea quella pagina Facebook? Tanto e nulla, come
accadrebbe con l’immagine restituita da uno specchio deformato. Ma all’interno
del mondo di Facebook quella pagina diventa la realtà e, non appena la notizia
inizia a diffondersi, parte l’ondata di sdegno. Fa impressione vederla montare
mentre viene portata di bacheca in bacheca sorretta dal marchio orribile
dell’omofobia.
Si
è ucciso perché era gay e lo prendevano in giro, si è ucciso perché non
sopportava più gli insulti, dicono in tanti. Inizia una nuova crociata. Una
crociata sacrosanta. Peccato che nella vita reale Andrea probabilmente non era
nulla di quello che si racconta su quella bacheca. Era ancora altro, uno che
amava mettere lo smalto alle unghie, i pantaloni rosa e al campo estivo piegava
con grande cura i vestiti e li riponeva nel frigorifero.
Era
gay o uno che si divertiva come un matto a smontare la realtà e ricomporla a
modo suo? Se fosse vissuto in un’altra epoca sarebbe stato un dadaista. Gli è
andata male, era un giovane del Terzo Millennio, il suo mondo era tutto chiuso
in una scatoletta a forma di parallelepipedo dove giocava con la realtà. Forse
si trattava di proiezioni di spinte interne del suo animo o semplicemente di
provocazioni andate un po’ oltre fino a schiacciarlo perché potrebbe essere
stato lui il primo a entrare troppo nel ruolo di gay e a finire per sentirsi
oppresso dagli insulti.
Non
lo sappiamo, ed è anche giusto non saperlo. Resta l’imbarazzo di veder messa a
nudo la fragilità di un’intera generazione dall’anima intrappolata in un social
network capace di decidere le loro vite, di plasmarle, a volte persino di
distruggerle. Resta lo sberleffo contro una mamma che, per raccontare a tutti
chi era Andrea, abbia dovuto piegarsi alle regole di questo mondo di
adolescenti e scrivere il suo dolore proprio sul social network che potrebbe
aver ucciso il figlio.
FLAVIA
AMABILE
La
Stampa 25 Novembre 2012
…perché è più facile dire
visto che comunicare
è incrociare
parole sguardi
emozioni percezioni
reali personali
e quindi…uniche
perché figlie del proprio
ESSERE.
…se volete dite la Vostra qui sotto!!!
gba
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