domenica 25 novembre 2012



In un mondo che confonde
il dire con il comunicare
il virtuale uccide
il reale…

Andrea,
dietro il dramma omofobia
la generazione ingabbiata da Facebook

Nessuno vive senza social network,
ma molti vanno oltre:
la vita reale esiste solo in una
bacheca virtuale

Ma siamo proprio sicuri che nel caso di Andrea il problema fosse solo l’omofobia? E Facebook e il suo ruolo fra gli adolescenti? Nessuno di loro vive senza il social network ma molti vanno oltre, identificano vita reale e vita social, esistono solo sulla base delle parole scritte sulle bacheche, delle foto postate e condivise. Le loro vite si distorcono, diventano figure in continuo movimento come in un labirinto dalle pareti coperte di specchi deformanti finché nessuno e’ in grado di dire qual è l’immagine reale.  

Andrea di questo gioco sembrava essere un maestro. Ancora oggi che i riflettori delle telecamere sono puntati sui suoi familiari nessuno sa chi sia davvero o che cosa gli pensasse. Aveva un profilo Facebook come tutti i suoi coetanei. Per scherzo, o forse no, ad un certo punto apre sempre su Facebook un’altra pagina. Lì il suo nome viene distorto, femminilizzato, coperto di scherno e insulti. E’ un gay, va preso di mira e colpito, sostengono ragazzi in gran parte nascosti dietro nomi falsi. Molti non sanno – come raccontano i suoi compagni di scuola – che ad avere l’idea di creare la pagina è stato anche lui: gli piaceva l’idea di prendersi in giro, di giocare con il suo personaggio, come con una maschera.  
Dov’è la realtà in questo gorgo di account fittizi e giochi di mascheramento? E che cosa ci racconta di Andrea quella pagina Facebook? Tanto e nulla, come accadrebbe con l’immagine restituita da uno specchio deformato. Ma all’interno del mondo di Facebook quella pagina diventa la realtà e, non appena la notizia inizia a diffondersi, parte l’ondata di sdegno. Fa impressione vederla montare mentre viene portata di bacheca in bacheca sorretta dal marchio orribile dell’omofobia.

Si è ucciso perché era gay e lo prendevano in giro, si è ucciso perché non sopportava più gli insulti, dicono in tanti. Inizia una nuova crociata. Una crociata sacrosanta. Peccato che nella vita reale Andrea probabilmente non era nulla di quello che si racconta su quella bacheca. Era ancora altro, uno che amava mettere lo smalto alle unghie, i pantaloni rosa e al campo estivo piegava con grande cura i vestiti e li riponeva nel frigorifero.  

Era gay o uno che si divertiva come un matto a smontare la realtà e ricomporla a modo suo? Se fosse vissuto in un’altra epoca sarebbe stato un dadaista. Gli è andata male, era un giovane del Terzo Millennio, il suo mondo era tutto chiuso in una scatoletta a forma di parallelepipedo dove giocava con la realtà. Forse si trattava di proiezioni di spinte interne del suo animo o semplicemente di provocazioni andate un po’ oltre fino a schiacciarlo perché potrebbe essere stato lui il primo a entrare troppo nel ruolo di gay e a finire per sentirsi oppresso dagli insulti.  

Non lo sappiamo, ed è anche giusto non saperlo. Resta l’imbarazzo di veder messa a nudo la fragilità di un’intera generazione dall’anima intrappolata in un social network capace di decidere le loro vite, di plasmarle, a volte persino di distruggerle. Resta lo sberleffo contro una mamma che, per raccontare a tutti chi era Andrea, abbia dovuto piegarsi alle regole di questo mondo di adolescenti e scrivere il suo dolore proprio sul social network che potrebbe aver ucciso il figlio.

FLAVIA AMABILE  
La Stampa 25 Novembre 2012

…perché è più facile dire
visto che comunicare
è incrociare
parole sguardi
emozioni percezioni
reali personali
e quindi…uniche
perché figlie del proprio
ESSERE.

…se volete dite la Vostra qui sotto!!!

gba

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