Siamo
ridotti così…
ridotti così…
Brutta ciao
Oggi il Buongiorno ce lo dà il lettore Antonio Cascio. Racconta di un italiano che
se ne va e non è un bel buongiorno, almeno per chi resta. In questa storia
riconoscerete un amico, un parente, forse voi stessi.
Il
mio augurio è che qualche politico la legga e la trasformi nella sua ragione di
vita, facendo il possibile, ma anche l’impossibile, per fermare l’emorragia di
saperi, speranze ed energie che sta dissanguando la terra in cui siamo nati e
in cui vorremmo continuare a vivere.
Questa
sera andrò a festeggiare la partenza di un caro amico di 38 anni, che domani
prenderà l’aereo destinazione Singapore. Lì lo aspetta un lavoro qualificato,
pagato, dignitoso, di alta specializzazione. Un lavoro che ha cercato in Italia
per troppo tempo perché, per l’ennesima volta, l’azienda per cui lavorava ha
chiuso o delocalizzato. Dovrà occuparsi di internazionalizzazione di un
prodotto - tipico italiano, ma non italiano - per i mercati emergenti.
Sono
ovviamente contento per lui, ma stasera, con gli amici di infanzia, non so
ancora se festeggeremo un nuovo inizio o intoneremo l’ennesimo «de profundis»
della mia generazione.
L’ennesimo,
perché non è il primo amico che parte: ne ho in Francia, in Svizzera e tutti
con egregi titoli di studio, competenze e referenze. Tutti partiti perché «qui
non trovavano».
Ho
purtroppo l’impressione che i miei cari amici non siano altro che gli avamposti
del nuovo emigrante italico. Adesso partono i più bravi, i professionisti,
«quelli che hanno mercato», domani toccherà ai disperati. Ma come posso
biasimarli? In fin dei conti lasciano un Paese moribondo, senza speranza, senza
futuro, dove addirittura le newsletter per le ricerche di lavoro sono a
pagamento (sembra una tassa sulla speranza, o peggio, sulla disperazione). Dove
le retribuzioni sono le più basse d’Europa e cambiare lavoro è un lusso
soltanto pensarlo (ma come puoi minimamente decidere di ricominciare quando hai
40 anni, genitori anziani, figli piccoli e una pressione fiscale che supera il
50%?). Dove il domani fa solo paura e si sono sacrificate intere generazioni
sull’altare del «diritto acquisito» e dello «scatto d’anzianità». Un Paese
apparentemente fondato sulla famiglia perché il termine «nepotismo» potrebbe
suonare male.
Credo
che ormai non ci siano più parole per definire la nostra classe politica,
avviluppata su se stessa ed esclusivamente concentrata sulla propria
sopravvivenza, troppo occupata a discutere sul sesso degli angeli, sulle guerre
interne, sul reciproco discredito, paralizzata, incompetente e, mi viene da
dire, senza figli da salutare.
Mi
sento sconfitto, avremmo bisogno di un nuovo domani, di speranza, di futuro. Io
mi limito a fare studiare l’inglese ai miei figli, sperando che un giorno,
almeno loro, possano raggiungere i miei cari amici non più vicini e troppo
lontani. Buon viaggio, «Vecchio».
Massimo Gramellini
La
Stampa 1 Giugno 2013
…perché la politica
non ha ancora capito
che l’unica risposta possibile sono i fatti
e non le parole…
Letta:
"Mi scuso con chi
è costretto a emigrare”
"Mi scuso con chi
è costretto a emigrare”
Risposta al
“Buongiorno”:
"l’Italia può farcela,sta a noi”
"l’Italia può farcela,sta a noi”
Enrico Letta
Caro
Gramellini,
mi
rivolgo subito, sia pure indirettamente, ad Antonio Cascio e al suo amico. A
loro devo prima di tutto delle scuse. Le scuse a nome di una politica che per
anni ha fatto finta di non capire e che, con parole, azioni e omissioni, ha
consentito questa dissipazione di passione, sacrifici, competenze. L’ho detto
nel mio discorso per la fiducia alle Camere: siamo tutti coinvolti. Perché la
rappresentazione che Antonio fa di noi è dolorosamente vera. Perché quando a
generazioni intere vengono strappate la speranza e la fiducia – non d’impeto,
ma peggio ancora: lentamente, giorno dopo giorno – non c’è alibi o
dissociazione personale e politica che tenga.
Io
non ho mai creduto ai salvatori della Patria e alle scorciatoie. Credo nella comunità.
E credo che solo insieme possiamo ritrovare il senso alto e nobile del servizio
al Paese. Ognuno facendo per bene ciò che gli compete, portando la sua pietra.
Tutti contribuendo alla costruzione paziente di futuro.
Il
mio dovere, oggi, è quello di guidare un esecutivo «eccezionale», nato da e in
condizioni «eccezionali». Il nostro impegno è di mettercela tutta, cercando di
fare il possibile per restituire una speranza a chi non riesce più neanche solo
a immaginare il proprio domani, una ragione per restare a chi si sente
costretto a lasciare l’Italia, un motivo per credere che la fatica sarà
ricompensata, il merito riconosciuto, i debiti sanati.
E
il debito più pesante che stiamo contraendo – reiterando gli sbagli delle
generazioni che ci hanno preceduto – è nei confronti dei giovani. È un errore
imperdonabile. Per questo ho ripetuto più e più volte che la priorità del
governo sono proprio loro. Nell’ultimo mese abbiamo speso ogni sforzo e
dedicato ogni colloquio per far sì che al vertice europeo di fine giugno
nell’agenda dei capi di Stato e di governo dell’Ue ci fosse la lotta alla
disoccupazione giovanile. Ci siamo riusciti. Inoltre, già nei prossimi Consigli
dei ministri porteremo un pacchetto di provvedimenti per depurare il mercato
del lavoro da incrostazioni e iniquità, rendere più conveniente l’assunzione
stabile dei giovani, sostenere l’Italia che fa e che innova, portare i ragazzi
italiani ad avere un livello di istruzione e mobilità sociale più vicino a
quelli dei coetanei europei, liberare le energie di un Paese soffocato da
burocrazia, privilegi, conservazione.
Ci
muoviamo in un pertugio stretto. Dobbiamo tener fede agli impegni europei e non
fare più debiti, per non caricare ulteriormente sulle spalle delle generazioni
future una zavorra che già oggi ci costa tra gli 80 e i 90 miliardi di euro di
interessi.
Abbiamo,
quindi, la responsabilità di scegliere: di decidere in modo selettivo dove
agire e come trovare le coperture. Possiamo farcela, ma solo se non ci lasciamo
condizionare dall’ossessione del consenso immediato, dalla consultazione
compulsiva delle dichiarazioni, da quella corrida permanente – tra partiti e
dentro i partiti – che tanto ha contribuito alla paralisi nella quale siamo
precipitati e da cui ci ha sollevati solamente l’intervento del presidente
Napolitano.
Possiamo
farcela ma solo se il nostro primo, irrinunciabile, obiettivo sarà
simbolicamente mettere l’amico di Antonio nelle condizioni di scegliere se
andare o restare. Se realizzare qui, in un Paese migliore, le proprie
aspirazioni di vita o di lavoro oppure se partire per arricchirsi della
complessità del mondo e poi eventualmente, se vuole, ritornare e dare il proprio
contributo alla ricostruzione, faticosa ma possibile, del futuro della
Repubblica Italiana che proprio oggi festeggia l’anniversario della sua
nascita.
In
caso contrario, ci troveremmo, ancora una volta, a dover chiedere scusa. A lui
e ai milioni come lui. Ai più giovani. Ai nostri figli e nipoti. Sono certo che
non ci perdonerebbero.
Enrico Letta
La Stampa 2 Giugno 2013
Caro Enrico
proprio
non ci siamo…
Alla parola comunità,
pronunciata da Te,
il
buon Adriano Olivetti si è rivoltato più volte nella tomba…chiedendosi...Ma
quale comunità
potrebbe accettare la sbandierata abolizione del finanziamento pubblico ai
partiti concepita come il Tuo governo ha deciso, forse, di realizzare e la
stessa comunità
come potrebbe accettare di votare, da ben tre tornate elettorali, con una legge elettorale anticostituzionale…per l’intero pianeta.
E ancora quale comunità
può considerare accettabile che, in un momento di crisi come questo,nelle
prossime settimane verranno rinnovati i
vertici delle principali strutture pubbliche…dove i “fortunati”
avranno stipendi annuali che vanno
dai cinque milioni di Euro in giù…
Mi fermo per decenza ma per favore,
se questa è la Tua idea di comunità…,
almeno per dignità,
cambiagli nome!!!
Enrico per cortesia
parla di meno,
leggi qualche scritto di Adriano Olivetti,
informati su
come Lui concepiva e realizzava la comunità…
ed evita di far rivoltare
tombe e stomaci
dei morti e dei vivi
dotati di
Buon Senso!!!
gba
…se volete dite la Vostra qui sotto!!!
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