mercoledì 11 novembre 2015

La pillola di oggi

Il ciarlatano
felice

Non credo che ci possano essere più dubbi sul fatto che Matteo Renzi sia un clone del Silvio che per venti anni ha promosso la politica del malaffare celato dagli annunci eclatanti in direzione teoricamente contraria.

Qualche giorno fa in una intervista alla Stampa il ciarlatano ha accusato i suoi detrattori di essere “contrari alla felicità del paese”. La frase degna del suo predecessore e burattinaio…dopo pochi giorni deve fare i conti, sullo stesso giornale, con l’articolo che segue e con gli eclatanti annunci, privi di azioni operative, fatti ieri a Milano…sempre dal ciarlatano.

Se a tutto questo aggiungete le ultime notizie su; De Luca, governatore in Campania sponsorizzatissimo da Renzi, sulle vicende dell’acqua in Sicilia, non solo più a Messina, su Mafia Capitale, sulla vicenda dei dipendenti pubblici a Sanremo…ad oggi impuniti… e via di questo passo fino ai seimila esuberi in Italia annunciati oggi da Unicredit, all'olio extra vergine che vergine non è e al patetico Mattarella che dichiara “in Italia c’è la corruzione ma lo Stato la combatte”…avrete chiaro che solo un ciarlatano, lui si felice vecchio o giovane che sia, può governare da oltre venti anni questo oramai rassegnato paese. gba

Ecco perché in Italia la spending review è
una missione impossibile

In otto anni sono cambiati 4 esperti incaricati di ridurre la spesa pubblica. Ma alla fine la politica si è sempre messa di traverso perché i tagli sono impopolari o costringono
ad aumentare le tasse



Arriva sempre un momento in cui anche il più esperto degli esperti finisce su un binario morto e alla fine lascia. Oppure viene congedato. E’ così negli ultimi 8 anni abbiamo cambiato ben 4 commissari alla spending review. «In questa fase non mi sento molto utile», ha spiegato l’altra sera Roberto Perotti, prof della Bocconi, entrato appena nemmeno sei mesi fa nello staff di Palazzo Chigi ed ultimo in ordine di tempo a gettare la spugna. Il suo «coming out» in tv è servito a mettere la parola fine ad un tira e molla che durava ormai da settimane.

La ricetta «inglese» di Tps
Il termine inglese «spending review», ovvero «revisione della spesa» introdotto nel gergo politico italiano nel 2006 da Tommaso Padoa Schioppa, all’epoca ministro del Tesoro nel governo Prodi, significa analisi delle spese e del funzionamento dei vari apparati allo scopo di migliorare la performance della macchina pubblica con la possibilità, anche, si risparmiare qualcosa. Da noi, invece, è sempre stata interpretata in maniera più brutale: tagli.

I 100 miliardi di Giarda

Il primo tentativo di mettere ordine ai conti risale al 2012 quando il governo Monti, che in fatto di tagli veri mica scherzava (basti pensare cosa è successo alle pensioni), affida ufficialmente il dossier a Piero Giarda. Grande esperto di spesa pubblica, l’allora ministro per i Rapporti col Parlamento, individua circa 100 miliardi di «spesa aggredibile nel breve periodo» e ipotizza da subito circa 5 miliardi di risparmi. Non si fa in tempo a mettere in pratica il piano che Monti lo sostituisce con Bondi. 

Bondi mani di forbice

«Monti aveva bisogno di qualcosa di più concreto da presentare a Bruxelles», raccontano le cronache di quei giorni. E così arriva l’ex commissario Parmalat, il tagliatore forse più famoso d’Italia. Al suoi fianco altri due pezzi da novanta: Giuliano Amato, al quale viene affidato il compito di analizzare i costi della politica, e Francesco Giavazzi, che invece deve cercare di sfrondare i sussidi alle imprese, impresa che si rileva impossibile. Bondi passa ai raggi «X » ministero per ministero, regione per regione, comune per comune, analizza spese e sprechi, e scodella un piano da 4,2 miliardi di risparmi immediati destinati a salire a 10 l’anno seguente. A inizio 2013 però anche Bondi lascia: Monti, che si fidava ciecamente di lui, gli aveva infatti affidato anche il compito di selezionare i profili dei candidati del suo nascente partito e i due incarichi erano diventati oggettivamente incompatibili. Dopo un breve interregno affidato al Ragionerie generale Canzio, ad aprile si insedia il governo Letta che vuol prendere il toro per le corna e per questo richiama da Washington Carlo Cottarelli.

L’uomo del Fondo

Il supertecnico del Fondo monetario, incarico triennale a 250 mila euro l’anno (ovviamente subito oggetto di polemiche), si insedia a ottobre e a inizio 2014 scodella un piano monstre: subito 7 miliardi di risparmi, quindi 18,1 nel 2015 (poi ridotti a 16) e addirittura 33,9 (quindi scesi a 32) nel 2016. Cottarelli vuol chiudere 2 mila partecipate, accorpare i centri di spesa, tagliare sanità, pensioni, province, corpi di polizia, fondi per le imprese e auto blu.

Con Renzi strada in salita

Dopo Letta arriva Renzi ed il lavoro di Cottarelli, appena abbozzato nei mesi precedenti, potrebbe finalmente decollare e invece si affloscia. Palazzo Chigi, che nel frattempo ha preso più potere rispetto al Tesoro, per prima cosa cassa i progetti sulle pensioni e stoppa il taglio di 85 mila dipendenti pubblici. E i risparmi? Si continua con la vecchia prassi dei tagli lineari (o semilineari) introdotti da Tremonti. Ma da 16 ci si deve fermare a quota 8,5 miliardi. Naturale che anche Cottarelli getti la spugna mentre dallo staff del premier lo accompagna l’accusa di «scarsa collaborazione». 

L’ultima staffetta

Da allora è passato un anno e siamo da capo. Adesso lascia anche Perotti, subentrato lo scorso marzo nell’ingrato compito in tandem con Yoram Gutgeld, uno degli strateghi della prima ora della Renzonomics. Perotti spinge per intervenire innanzitutto sulla montagna di spese fiscali (detrazioni, sconti e bonus vari) ma Renzi lo ferma perché non vuole aumentare in alcun modo le tasse. E così la spending review 2016 che puntava a al solito obiettivo ambizioso (16 miliardi) frana: prima scende a quota 10 e poi va addirittura sotto i 5. Per far quadrare i conti Renzi preferisce l’aumento del deficit.

Profetico un tweet dell’economista Riccardo Puglisi del 19 agosto: «Ma Perotti - commissario alla spending review - mangerà il panettone?». Gutgeld resta, il Prof invece torna alla Bocconi e laconico spiega: «La spending review non è una priorità del governo». O forse, suggerisce qualcuno, questa non è la stagione adatta per vedere all’opera dei liberisti veri come lui e Cottarelli. 

Paolo Baroni La Stampa
11 Novembre 2015


Per cambiare occorre una

Altra Cultura

Cantiere di opinioni
e di azioni


valorizzare il territorio ed i suoi abitanti attraverso il confronto e la condivisione


per esprimere al meglio il meglio

“Un uomo chiamato a fare lo spazzino dovrebbe spazzare le strade così come Michelangelo dipingeva, o Beethoven componeva, o Shakespeare scriveva poesie. Egli dovrebbe spazzare le strade così bene al punto che tutti gli ospiti del cielo e della terra si fermerebbero per dire che qui ha vissuto un grande spazzino che faceva bene il suo lavoro.” Martin Luther King

Lunedi 16 Novembre 2015
ore 21.00
al TREFF
Via San Carlo 1
Giaveno

Cantiere
di opinioni e di azioni

Siete tutti invitati o, se preferite, dite la Vostra
qui sotto!!!


Gba

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