L’audacia del buon senso
che non è di destra
di centro o di sinistra
ma è solo e semplicemente
buon senso…
che non è di destra
di centro o di sinistra
ma è solo e semplicemente
buon senso…
Le ambizioni
vanno realizzate
La canicola prosegue ma stiamo già
cominciando a capire come sarà l’autunno. Sempre più i partiti reclameranno che
solo un ritorno alla politica può ridare prospettiva al Paese; ognuno a suo
modo chiederà di mettere più soldi nelle tasche della gente offrendo ipotesi
vaghe su come trovarli. Nel frattempo, è probabile che l’economia seguiti a
perdere colpi, e la disoccupazione ad aumentare.
È bene che il governo Monti prosegua il
mandato fino alla fine naturale della legislatura. Ma occorre anche domandarsi
perché stia perdendo impulso. Non si può limitarsi a dire che l’impaccio viene
da una maggioranza parlamentare eterogenea, composta di forze che erano rivali
prima e torneranno ad esserlo nella campagna elettorale ormai prossima.
Ieri a Palazzo Chigi si sono confrontati
progetti disparati di singoli ministri, alcuni sensati ma frenati dalla carenza
di risorse, altri velleitari seppure benintenzionati, altri ancora di scarso
respiro. L’impegno a nuove liberalizzazioni è importante; ma tra una congerie
di proposte sembrano talvolta anche farsi avanti interessi ristretti, ben
insinuati nell’alta burocrazia.
Non è solo la «casta»
politica a mancare di risposte ai problemi del Paese. C’è un deficit complessivo di classe dirigente, dai
burocrati agli imprenditori passando per le professioni e l’accademia.
Quanti progetti ambiziosi esaminati dal governo dei tecnici si arenano nel
timore che i meccanismi amministrativi non siano in grado di portarli a
compimento, o che la resistenza degli interessi
parassitari colpiti prevalga sulle energie sane dell’economia capaci di reagire
allo stimolo?
Nel breve termine, l’Italia reggerà se la
crisi europea, come oggi pare possibile, non sprofonderà in un circolo vizioso
di pessimismo che si auto realizza. Possediamo ancora grandi risorse, sì: nel
senso che i patrimoni delle famiglie e i beni delle imprese sono di dimensione
sufficiente a consentirci di proseguire a campare intaccandoli a poco a poco.
Nell’interesse dei figli più che dei padri,
tuttavia, occorre riconoscere che questo non basta. Si
perde solo tempo a ripetere i soliti scaricabarile politici nazionali; né vale
prendersela contro i tedeschi cattivi. Come si vede in questa estate,
non si tratta solo dell’euro: in tutto il mondo avanzato l’economia offre
sviluppi poco promettenti.
La crisi iniziata nel 2007 segna un riaggiustamento imponente dei rapporti economici internazionali. I Paesi avanzati avevano vissuto a credito, attraendo capitali dal resto del mondo; ora sono chi più chi meno carichi di debiti, tranne la Germania che ancora vende ai Paesi emergenti i macchinari con cui domani le faranno concorrenza. Tutti cresceranno a rilento, nessuno potrà fare da locomotiva. Noi ci troviamo in difficoltà maggiori, perché il «modello italiano» sembra invecchiato senza rimedio.
L’abilità ad arrangiarsi non è più competitiva nel mondo di oggi, perché altri si arrangiano a costi minori. Non produce con efficienza una società in cui le leggi sono rigide contro i deboli e interpretabili con elasticità a favore di chi può. E come si fa ad escogitare innovazioni, se i giovani non hanno prospettive di carriera, se «si è sempre fatto così» è saggezza ovunque sbandierata dai burocrati come dai faccendieri?
Chi aspira a governare l’Italia dovrebbe dirci come si fa a farla funzionare meglio. Quando il governo tecnico incontra ostacoli, sarebbe gradita una spiegazione precisa di come si potrebbe superarli. Altrimenti avremo una campagna elettorale dove i partiti affermati gareggeranno in promesse di denaro inesistente, mentre i partiti nuovi si limiteranno a ripetere che quelli vecchi fanno schifo.
La crisi iniziata nel 2007 segna un riaggiustamento imponente dei rapporti economici internazionali. I Paesi avanzati avevano vissuto a credito, attraendo capitali dal resto del mondo; ora sono chi più chi meno carichi di debiti, tranne la Germania che ancora vende ai Paesi emergenti i macchinari con cui domani le faranno concorrenza. Tutti cresceranno a rilento, nessuno potrà fare da locomotiva. Noi ci troviamo in difficoltà maggiori, perché il «modello italiano» sembra invecchiato senza rimedio.
L’abilità ad arrangiarsi non è più competitiva nel mondo di oggi, perché altri si arrangiano a costi minori. Non produce con efficienza una società in cui le leggi sono rigide contro i deboli e interpretabili con elasticità a favore di chi può. E come si fa ad escogitare innovazioni, se i giovani non hanno prospettive di carriera, se «si è sempre fatto così» è saggezza ovunque sbandierata dai burocrati come dai faccendieri?
Chi aspira a governare l’Italia dovrebbe dirci come si fa a farla funzionare meglio. Quando il governo tecnico incontra ostacoli, sarebbe gradita una spiegazione precisa di come si potrebbe superarli. Altrimenti avremo una campagna elettorale dove i partiti affermati gareggeranno in promesse di denaro inesistente, mentre i partiti nuovi si limiteranno a ripetere che quelli vecchi fanno schifo.
STEFANO
LEPRI
La
Stampa 25 Agosto 2012
…ma questo Paese culturalmente inadeguato pare non
volerlo capire
e quindi pochi meditano
tutti
si lamentano e
nessuno
dimostra davvero di voler AGIRE!!!
…se volete dite la Vostra qui sotto!!!
gba
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