Ultimi e neanche beati visto che siamo primi nella classifica dei
disonesti…
Produttività,
dieci anni buttati
Italia ultima tra i 27
Fanalino di coda per
l’incremento del pil,
la crescita è arrivata
solo
grazie all’aumento degli occupati
grazie all’aumento degli occupati
Giù il pil e giù la
produttività, sia quella totale che quella del lavoro. La
fotografia dell’azienda Italia che emerge dalle statistiche ufficiali è
oltremodo sconsolante. Nel periodo 2001-2010 la crescita del Pil in
Italia è stata complessivamente del 4,1%: si tratta certifica l’Istat dopo la
revisione delle stime di fine 2011, del risultato più modesto tra tutte le
economie europee. Basti pensare che l’insieme dell’Unione europea a 27, nello
stesso periodo, ha messo a segno una crescita del 14%: +11,9% la Germania, +12,1
la Francia addirittura +17,1 il Regno Unito e +22,6% la Spagna. «Dieci anni
sprecati», sintetizza giustamente il presidente dell’Istat Giovannini.
Quasi ovunque, rilevano le
statistiche, la crisi del 2008-2009
ha avuto l’effetto di ridurre la crescita complessiva a
confronto con il periodo 2001-2007: la contrazione è stata particolarmente
rilevante per economie cresciute in maniera significativa negli anni precedenti
come i paesi baltici (Estonia, Lettonia, Lituania), ma anche per Irlanda e
Grecia. Ed è stata pesantissima per l’Italia: nel nostro paese, già in fondo
alla classifica di crescita insieme al Portogallo, «si è avuta un’erosione di
oltre la metà dei progressi realizzati dal 2000: 6,1 punti percentuali nel
biennio 2008-2009, e 4,7 punti tenendo in conto anche il recupero del 2010».
L’Italia è in
fondo alla graduatoria europea anche per la crescita della produttività oraria
del lavoro, che nel 2010 era solo l’1,4% più elevata
rispetto al picco del 2000, mentre nell’Ue27 era salita dell’11,4% (+13,6% in
Germania e +10,4 in
Spagna).
Se si allarga lo sguardo
all’intero decennio scorso il confronto con i nostri partner resta sempre
impietoso: per l’intero periodo 2001-2010, la performance dell’Italia è stata
infatti pari a circa 1/3 rispetto a quella franco-tedesca per la dinamica del
valore aggiunto e ad appena il 12-15% se si considera il contributo della
produttività, entrambi gli andamenti risultano ancora inferiori rispetto a
Regno Unito e Spagna. La crescita del 2,7% dell’immissione di nuova forza
lavoro, «l’input» come lo chiamano gli esperti, all’opposto, è risultata
seconda solo a quella della Spagna, e a questa è corrisposto un calo delle ore
medie lavorate (per effetto dello spostamento dell’economia verso attività e
prestazioni ad orario ridotto) superiore rispetto a tutte le economie
considerate. Per questo, l’occupazione è cresciuta di ben il 7,5%, contro il 3%
in Germania, il 5,1% in Francia e il 5,7% nel Regno Unito.
Non è un caso dunque se il
ministro dello Sviluppo e l’intero governo hanno messo ai primi posti nella
loro agenda i temi della crescita e della competitività. Un tema che a partire
dal primo incontro di dopodomani tra governo e imprese sarà il vero banco di
prova della ripresa autunnale. «Si sono persi inutilmente nove mesi di tempo»
annotava ieri con una punta d’amarezza il leader della Uil Angeletti.
Nel periodo pre-crisi, la distanza dell’Italia rispetto a Francia e Germania in termini di crescita economica non era ancora notevole (tra il 30 e il 40%), mentre la crescita dell’input di lavoro è stata addirittura pari al 7,2%, contro valori inferiori al 3 e 4% in Francia e nel Regno Unito, e una contrazione di oltre il 2% in Germania; la crescita della produttività, di riflesso, già in questo periodo è stata molto modesta. Come in Italia, anche in Spagna quasi tutta la crescita in questo periodo è stata ottenuta attraverso l’allargamento della base occupazionale. Di recupero di efficienza neanche a parlarne. E non è un caso dunque se la nostra economia è ancora in recessione e tutte le stime per il prossimo anno convergono un un dato decisamente non positivo: ancora 12 mesi a crescita zero.
Nel periodo pre-crisi, la distanza dell’Italia rispetto a Francia e Germania in termini di crescita economica non era ancora notevole (tra il 30 e il 40%), mentre la crescita dell’input di lavoro è stata addirittura pari al 7,2%, contro valori inferiori al 3 e 4% in Francia e nel Regno Unito, e una contrazione di oltre il 2% in Germania; la crescita della produttività, di riflesso, già in questo periodo è stata molto modesta. Come in Italia, anche in Spagna quasi tutta la crescita in questo periodo è stata ottenuta attraverso l’allargamento della base occupazionale. Di recupero di efficienza neanche a parlarne. E non è un caso dunque se la nostra economia è ancora in recessione e tutte le stime per il prossimo anno convergono un un dato decisamente non positivo: ancora 12 mesi a crescita zero.
PAOLO
BARONI
La
Stampa 3 Settembre 2012
…ma questo Paese culturalmente inadeguato pare non
voler capire
che essere competitivi
vuol dire fare
meglio degli altri
e non fare il meno possibile cercando di ottenere
il
più possibile.
Intanto pochi meditano
molti parlano
tutti
si lamentano e
nessuno
dimostra
davvero
di
voler AGIRE!!!
…se volete dite la Vostra qui sotto!!!
gba
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