Partito Democratico:
una buona idea
un segretario incapace
un segretario incapace
un gruppo dirigente
inadeguato e inaffidabile…
inadeguato e inaffidabile…
Un disastro che
viene da lontano
Il
disastro a cui abbiamo assistito ieri, quello del partito di maggioranza in
Parlamento che propone un suo candidato alla presidenza della Repubblica trova
il voto degli avversari ma non riesce a portare i suoi, è la logica conseguenza
di ciò che è avvenuto negli ultimi cinque mesi.
È
figlio della mancanza di coraggio e di idee forti, chiare e comunicate in modo
convincente. Per questo il Pd non ha vinto le elezioni, per questo non si è
ancora riusciti a formare un governo, per questo ha una base divisa,
arrabbiata, incredula o sgomenta. Perché bisogna saper dare un colore e un
sapore alle cose se si vuole che gli italiani le capiscano e le facciano
proprie.
Può
darsi che questa sera avremo un nuovo capo dello Stato, figlio di una qualche
alleanza o forse di un sano ripensamento dell’ultima ora, ma purtroppo non nato
da un progetto organico e credibile su cui poggiarsi e da cui partire.
L’unica
scommessa fatta da Bersani nei 53 giorni che ci separano ormai dal voto è stata
quella di prendere tempo, di rinviare, nella speranza che il passare delle
settimane potesse miracolosamente sciogliere i nodi irrisolti.
Già
in campagna elettorale non era stato capace di dare un messaggio riconoscibile,
un’indicazione di rotta per il Paese e gli italiani, una ricetta di speranza e
di cambiamento comprensibile a tutti. Eppure l’uomo era dotato di buon senso,
di una visione pragmatica ed efficiente e di una buona dose di ironia. Ma una
sorta di paralisi e l’errata convinzione che bastasse restare fermi -
distinguendosi dagli altri per sobrietà e per la serietà di non fare promesse
impossibili - per arrivare naturalmente a Palazzo Chigi avevano prodotto un
risultato monco e deludente.
Non
averne preso atto subito, aver ripetuto come un mantra che al Pd «spetta»
l’azione, o la proposta o la guida, ma senza avere poi la forza di guidare i
processi (a dire il vero nemmeno di metterli in moto) ha distrutto una
leadership e la tenuta di un partito e del suo mondo di riferimento.
Se
non hai i numeri devi decidere con chi ti vuoi accompagnare per averli, ma il
compagno di viaggio deve essere d’accordo e il percorso deve essere chiaro. Si
è corteggiato Grillo e si sono inventati due presidenti delle Camere non
ortodossi e non di partito per compiacere lui e tutta quella parte di opinione
pubblica che in modo ossessivo riconosce valore soltanto a ciò che è nuovo e
diverso. Ma ciò non è servito a costruire nessun progetto perché il Movimento 5
Stelle non ne voleva sapere di assumersi la sua parte di responsabilità.
Prendere atto di questo portava a un bivio obbligato: dialogare con Berlusconi
o rivendicare il diritto ad eleggersi un Presidente a maggioranza semplice per
poi tornare a votare con un volto e un programma nuovi, variando insomma
l’offerta politica.
Nessuna
delle due strade è stata scelta, si è rimasti nel limbo continuando a
vagheggiare di una terza via che permettesse il crearsi di convergenze magiche
sia per eleggere il successore di Napolitano sia per dare il via a un governo
di minoranza.
Tutto
questo fino a un paio di giorni fa, quando – proprio nel momento in cui
arrivavano aperture da Grillo – all’improvviso è emerso un accordo con
Berlusconi, un accordo che doveva essere talmente forte e stringente da
giustificare anche la rottura dell’alleanza con Vendola e la frattura interna
al partito. Un accordo che però non è mai stato spiegato, nelle sue linee, nel
suo progetto e nemmeno nelle sue conseguenze. Un accordo che portava a eleggere
Franco Marini senza far comprendere all’opinione pubblica ma nemmeno ai propri
parlamentari il significato e il senso della scelta.
Viviamo un tempo in cui i cittadini pretendono di capire, si
sono abituati alle narrative e a dare un volto ai progetti: le chimiche partitiche,
i candidati che servono solo a sbloccare altre geometrie sono incomprensibili e
inaccettabili.
Eppure la storia di Marini aveva elementi
degnissimi che avrebbero contrastato l’ondata che si è riversata su di lui: un
alpino che ha passato la vita a preoccuparsi del lavoro, un uomo dai gusti
semplici che probabilmente avrebbe fatto partire il suo settennato nel Sulcis o
tra le vittime dell’Ilva a Taranto. Nulla di ciò è stato offerto al Paese, se
non un nome scelto da Berlusconi in una rosa che cercava un minimo comun
denominatore. Così si è scatenata la rivolta, parlamentare e popolare.
Le
persone, e non solo quelle che in queste ore si scatenano su twitter e facebook
– con tassi di faziosità e accuse deliranti che fanno francamente spavento –,
vogliono al Quirinale qualcuno di cui capiscono il senso, di cui possono
apprezzare il percorso e di cui si possono fidare.
Le
forze politiche hanno il diritto, anzi il dovere di scegliere, indicare e
governare, è questo il senso della democrazia rappresentativa e dovremmo
tenercela cara di fronte a tentazioni totalitarie di minoranze rumorose, ma per
farlo devono mostrare coraggio e idee chiare. Se
non si è capaci di guidare allora sarebbe giusto farsi da parte o perlomeno
cercare di ricostruire la propria parte del campo partendo dal basso,
restituendo la parola alla base.
In
questo caso la base sono i grandi elettori della coalizione di centrosinistra,
che questa mattina verranno interpellati per evitare nuove figuracce laceranti.
È giusto e molto più in sintonia con i tempi e con gli umori del Paese andare a
vedere qual è il nome su cui si possa coagulare il maggior numero di consensi,
ma poi si chieda a tutti di rispettare lealmente l’indicazione, ripartendo da
quell’altro principio basilare che si chiama maggioranza.
Mario Calabresi
La
Stampa 19 Ottobre 2013
…hanno distrutto
le speranze di un Paese.
Solo le immediate dimissioni
degli artefici
di questo disastro
possono ridare
fiducia e
forza
al popolo del buon senso.
Fate presto!!!
Ieri ha giustamente
prevalso la rabbia
da oggi deve prevalere la
RAGIONE
di chi vuole e deve
AGIRE
prima che sia
troppo tardi !!!
…se volete dite la Vostra qui sotto!!!
gba
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