La grande bellezza
della morte o dell’approssimarsi
della morte o dell’approssimarsi
della stessa…
Il grande sogno
del leader ideale
Le
folle vanno a salutare don Gallo e padre Puglisi, mentre i comizi elettorali
trovano le piazze semivuote.
È
sin troppo facile parlare di ennesima dimostrazione della disaffezione, della
delusione verso la politica. E constatare dall’altro lato la grande voglia di
continuare a sperare, a credere nelle personalità «diverse» sentite come
autentiche, come vicine alla vita quotidiana, alla realtà di tutti i giorni.
Ma
le persone che hanno amato don Gallo «prete di strada» e quelle che hanno
ammirato padre Puglisi «prete della gente» contro la mafia sono le stesse? O
appartengono a due mondi diversi ? A Palermo si è celebrata una beatificazione
di carattere spiccatamente religioso, con il tripudio dei fedeli, con la
presenza di un’imponente rappresentanza della Chiesa ufficiale e della classe
politica. Si sono sentiti discorsi edificanti sulla bocca di politici di lungo
corso, ben radicati nel sistema partitico.
A
Genova invece il clima è stato diverso. Tra il trasgressivo e il provocatorio.
Pochi politici, e di opposizione al governo. C’era l’ebreo e agnostico Moni
Ovadia che si dice sicuro che «don Gallo risorgerà», c’erano i NoTav e si è
cantato polemicamente «Bella ciao». L’arcivescovo Angelo Bagnasco ha celebrato
il rito funebre, scontando interruzioni e qualche fischio. Applausi invece per
Valdimir Luxuria che ha parlato di una Chiesa che non caccia via nessuno.
«Grazie don Gallo di averci fatto sentire, noi transgender, creature figlie di
Dio e volute da Dio».
A
questo punto, ciò che unisce Palermo e Genova è soltanto la presenza di un
potenziale sociale e umano straordinario ed effervescente – nelle sue
differenze - che la politica non sa più né riconoscere né gestire.
Lo
sa fare la Chiesa? Non è facile rispondere. Certamente riesce a offrire uno
spazio pubblico che mantiene l’ultimo vestigio di sacralità. Il rapporto con la
morte e quindi il rito del funerale sta diventando uno dei luoghi privilegiati
dell’ espressione pubblico-mediatica della Chiesa. Lo è quando si tratta di
eventi luttuosi, di disgrazie pubbliche, di gesti di violenza privata
particolarmente efferata. Sono tutti eventi che toccano da vicino la fragilità
della condizione umana. Qui la religione mantiene e riguadagna il suo ruolo
pubblico quando riesce ancora a dire parole che sono percepite come motivo di
speranza. A prescidere dal loro contenuto e consistenza dottrinale: spesso
infatti sono parole generiche e scontate, ma sentite come autentiche.
Ma
che cosa può fare la Chiesa quando – come adesso - è la situazione generale ad
essere percepita molto grave? O quando il circuito mediatico, sempre più
maldestro nel mescolare allarmismi e promesse ministeriali, diffonde un senso
di sconcerto e di impotenza della politica? Può la semplice presenza
istituzionale della Chiesa, la sua scelta di non schierarsi tra le parti ma di
insistere sui valori del bene comune avere un effetto compensativo?
Non
so fino a quando questo meccanismo può funzionare. A Genova ha toccato il suo
limite. La Chiesa ufficiale infatti non può accogliere indiscriminatamente
(come i don Gallo individualmente) tutte le voci di disagio della società e dar
loro risonanza. Le seleziona e soprattutto non può prendere il posto della
politica.
Siamo
così tornati alla politica che trova le piazze semivuote, mentre è sempre
difficile valutare il peso delle piazze mediatiche. Un indicatore importante
sarà il tasso di astensione dalle urne nelle elezioni amministrative di oggi.
Se sarà come l’ultimo o addirittura più pesante, vuol dire che i cenni di
rinnovamento da parte dei politici in queste settimane e le loro promesse non
convincono. Vedremo se sarà il Movimento 5 Stelle a trarre beneficio dalla sua
strategia sostanzialmente ostruzionista o se viceversa incomincia a pagarne lo
scotto. Fra qualche giorno avremo elementi per rispondere e giudicare.
Per
ora la sfiducia generalizzata verso la politica ha come effetto una crescente
insofferenza verso i singoli politici cui spesso non vengono risparmiate
gratuite e ingiuste denigrazioni. Ma c’è anche l’altra faccia positiva: la
forte aspettativa per le doti personali di chi si mette ora in politica o
intende assumersi maggiori responsabilità. E’ un effetto tipico dei momenti di
crisi. Più i meccanismi istituzionali sembrano incepparsi o frenare, più si fa
affidamento sulle qualità personali. Queste sono facilmente individuate nella
efficacia comunicativa, nella simpatia mediatica, nello stile espressivo
possibilmente ricco di battute caustiche contro l’avversario. In fondo è questo
è il leader ideale che si sogna.
Per
la verità si tratta di qualità ben note e presenti - molto prima della nostra
età mediatica – sinteticamente nei concetti classici di «carisma» e «demagogia»
(termine quest’ultimo nel frattempo diventato negativo) . Va da sé che nella
dottrina classica della leadership democratica le qualità soggettive, ora
elencate, dovessero coesistere con una solida competenza non dilettantesca sul
da farsi. Si chiamava competenza politica professionale. Ho l’impressione che
dobbiamo cominciare da capo, da qui.
Gian Enrico Rusconi
La
Stampa 26 Maggio 2013
…esalta l’etica
riaccende i valori,
isola la miseria morale.
Ieri Don Puglisi
oggi Don Gallo
e
Jeep Gambarella
(
Protagonista del Film di Paolo Sorrentino)
perché, se prevale il buon senso,
gli opposti alle volte
gli opposti alle volte
…se volete dite la Vostra qui sotto!!!
gba
Il vuoto è sempre più vuoto. Continuano ad andare via i migliori lasciandoci senza “istruzioni”, ma a noi cosa rimane? Esorcizziamo la morte che comunque ci fa paura, sopportiamo malamente il rimanere orfani di coloro che hanno tradotto i nostri pensieri, ma come possiamo far durare il loro mandato?
RispondiEliminaDon Gallo, ha saputo interpretare le ideologie del comunismo come nessuno dei nostri politici è stato ed è capace di fare E’ triste pensare che nessuno sia in grado di ereditare la voglia di lottare, che nessuno ci restituisca lo stesso desiderio di un mondo meno diviso, meno scuro, meno infelice.
I nostri politici sono purtroppo dei grandi assenti, di fronte al valore delle parole: onestà, uguaglianza, condivisione, mondo migliore.
Sorrentino, racconta la bella Roma ridotta a contenitore di superficialità, questo film, in qualche modo diventa metafora anche della nostra realtà politica e non solo politica. Una pochezza confermata dalla mancanza assoluta di idee buone, dal proiettarsi di molti esclusivamente verso i propri interessi, dall’ incapacità di cercare soluzioni intelligenti nell’interesse di tutti.
Come Servillo che cerca un sollievo esistenziale che lo rigeneri, noi disincantati continuiamo ad appendere le speranze a un filo che si fa sempre più sottile, a guardare verso una sinistra, che probabilmente alle prossime elezioni, non saprà neppure con chi prendersela, che in preda alla schizofrenia dovrà riconoscere in se stessa la causa del proprio fallimento.
Come Servillo che si ritrova a immaginare il mare sul soffitto, che ricorda i momenti della sua lontana gioventù per ritrovarne la purezza, noi abbiamo bisogno di vedere la gente che sfila con i pugni chiusi, abbiamo bisogno di quel brivido che ci percorre quando sentiamo cantare “bella ciao”, per respirare un attimo di aria buona.
Quando ho visto il cappello e la sciarpa rossa appoggiati sulla bara di Don Gallo, ho sentito la rabbia in conflitto con la nostalgia, la delusione confondersi con la voglia di cambiamento, il rammarico in lotta con la speranza. Chi se ne va, va via in punta di piedi, lasciando due muti oggetti in rappresentanza lì pronti a emozionarci, ma la nostra commozione non può e non deve rimanere soltanto malinconia, deve liberare la grinta e la forza per potersi ribellare all’ignoranza e all’ipocrisia.
Quando penso a chi è “partito”, a chi forse si è ricongiunto agli altri grandi in un'altra dimensione, fantastico su una vita ultraterrena che in qualche modo possa intercedere e mescolarsi con la pochezza dei pensieri mortali … guardo su, e mi accorgo di essere proprio all’estremo limite del reale, mi rendo conto che sto ormai grattando il fondo.
“Quando aiuto la gente che ha fame mi dicono che sono un bravo prete. Quando domando perché quella gente ha fame, mi dicono che sono un comunista” Don Gallo.
Margherita Grolla