Umanità
malata
Ogni tanto mi assale il dubbio che l’aereo tedesco possa essere caduto a causa dell’ennesimo attentato e non per il gesto folle di
un giovane depresso ma credo che, in un caso o nell’altro, la differenza
sia più di forma che di sostanza.
In entrambi i casi questa
ennesima tragedia è figlia di una metastasi che, volutamente e da molti anni,
sta invadendo il pianeta.
Una metastasi subdola e
letale che ha oramai reso l’umanità tutta vittima sacrificale della volontà dei
pochi che, a tutti i livelli di potere, ci inducono a pensare che la libertà,
vera o presunta che sia, consista nella possibilità di pensare solo al proprio
specifico interesse, sempre e comunque. Questa singolare interpretazione ci fa
ritenere “liberi” perché ognuno può teoricamente stabilire e giustificare i
propri atteggiamenti e non ci si rende conto di essere, comunque e sempre, vittime
dei condizionamenti imposti dagli strumenti che governano la società.
Questa malattia virale si
chiama molto semplicemente “individualismo” e viene proposta in modo tanto più massiccio
quanto più le conseguenze del suo prolificare diventano eclatanti.
Gli esempi sono molteplici
tutti irrorati di una ipocrisia insopportabile, ma voglio fermarmi solo su
quest’ultimo caso.
Media di ogni tipo ci stanno
inondando di particolari, veri o presunti poco importa, sulla vita del giovane
pilota. Una voracità inumana di particolari drammatici volti ad ottenere un
solo risultato, ovviamente non dichiarato, esaltare l’assoluta esigenza di
vivere senza più avere fiducia di niente e di nessuno.
Provate a immaginare in che
mondo potremmo essere se i media, prendendo per buona la versione dei fatti
proposta, invece di raccontarci la vita del giovane pilota ci avessero
raccontato del comandante che ha tentato invano ed in tutti i modi di farsi
aprire il portellone della cabina di comando. Lui stava pensando a se stesso e
agli altri. Atteggiamento encomiabile ma ritenuto banale e non funzionale all’esigenza
di dover spargere terrore e sfiducia nel prossimo.
Ricordate l’ufficiale
Gregorio De Falco che intimò al comandante Schettino di risalire sulla nave…bene
in quanto soggetto saggio, positivo ed encomiabile è stato rimosso dal suo
incarico di capo della sezione operativa della direzione marittima di Livorno e
spostato in un anonimo ufficio amministrativo
A questo gioco barbaro ed
ipocrita si prestano, con modalità ed intensità diverse, politici, filosofi,
psicologi e ruffiani edotti in un’unica comune materia; la gestione del potere
per il bene esclusivo di chi ha il potere. Divide et impera.
Che sia un atto terroristico
o che sia la follia di un pilota l’importante è dividere, non cercare di unire.
Questo accade tutti i giorni sempre di più, tra tutti noi, nelle banalità, in
quello che rimane della normalità e nelle tragedie.
Viviamo in un mondo
globalizzato, iper connesso, super tecnologico dove ci è concesso di illuderci
di essere amici di migliaia di persone, ma non possiamo avere la pretesa di
avere qualcuno per mano.
Se avete voglia leggete l’articolo
in calce. Andrew Keen, per fortuna, non è l’unico a scendere dal carro della indiscutibile
magia di internet.
Il progresso non va
ostacolato ma forse occorre indurre gli esseri umani a condividerlo,
condividendo in modo reale e non solo virtuale. Non possiamo illuderci che
qualcuno ce lo insegni o ci aiuti a farlo, dobbiamo volerlo noi. Essere se
stessi e condividere in modo leale, senza pregiudizi, rispettando se stessi ed
il prossimo, la nostra e le altrui culture.
Si fa sicuramente più fatica,
ma non c’è altra alternativa. Il futuro possibile è noi e non io. Gba
“Internet, una falsa rivoluzione”
Il guru della rete Andrew Keen: aumenta la disparità tra ricchi
e poveri, disattese le promesse di libertà
C’è stato un tempo in cui su internet si sprecavano i commenti entusiastici. Evangelisti e profeti del web parlavano nel vuoto, pochi li ascoltavano, pochi li comprendevano. Oggi invece trovano più spazio i sostenitori di un pensiero critico, che mette in discussione il web com’è e com’è diventato. Uno dei più famosi è Andrew Keen, 55 anni, londinese trapiantato in California: in The Cult Of The amateur prima, Digital Vertigo poi e ora The internet Is not The Answer ha discusso i lati oscuri di internet, smontando e confutando il paradigma di un ottimismo secondo cui il digitale è sempre sinonimo di benessere e progresso. «Ma non nego che esistano aspetti positivi - spiega - e non penso che si possa o si debba tornare indietro».
In Italia per alcuni incontri col pubblico (martedì scorso al Circolo dei
Lettori di Torino, mercoledì a Milano per Meet The Media Guru), Keen ha ben
chiaro che in Europa e in particolare da noi può essere controproducente
parlare di aspetti negativi del web quando ancora si fa fatica a percepire
quelli positivi: «Il mio è un punto di osservazione privilegiato, in Usa certi
processi sono iniziati prima. Ma quando arriveranno anche in Italia bisognerà
saperli interpretare». Keen insiste molto sul potere che internet ha di
rimettere in discussione strutture e sistemi consolidati, cita l’esempio di
Uber che ha causato reazioni fortissime tra i tassisti (anche in Italia), di
AirBnb, il servizio di affitti di alloggi tra privati che oggi vale la metà
della catena alberghiera di lusso Hilton. E dedica un capitolo alla cittadina
di Rochester, dove quasi tutti gli abitanti lavoravano per Kodak e ora non
hanno un impiego, e spesso nemmeno una pensione. Ma sarà davvero colpa di
Instagram, come sostiene lui? «È l’equivalente più vicino a quello che faceva
Kodak una volta - risponde -. Anche se, come sempre con Internet, il digitale
non corrisponde esattamente all’equivalente analogico».
Molto ricco e documentato, con due capitoli dedicati alla storia del World Wide Web, il libro di Keen insiste sul fatto che le promesse iniziali del web non sono state mantenute. Eguaglianza, libertà di espressione e partecipazione, democrazie sono parole vuote, o addirittura «ipocrite» se pronunciate oggi da uno come Zuckerberg. Perché? «Con il progetto Internet.org dice di voler portare internet ai Paesi emergenti, ma in realtà il suo scopo non è quello di dar voce a chi non ne ha una: dietro i proclami idealistici c’è una strategia commerciale mascherata da filantropia».
Lasciata alle sue regole, la Rete non è un meccanismo di distribuzione di profitti, ma tende invece a concentrarli nelle mani di pochi fortunati: «È una delle maggiori accumulazioni di ricchezza della storia. Aziende come Google e Facebook vendono la nostra privacy al miglior offerente, con la pubblicità che ci segue ovunque, tagliata esattamente sui nostri gusti. E ogni volta che facciamo una ricerca o postiamo qualcosa, stiamo lavorando per loro, gratuitamente, offrendo informazioni sempre più precise per aiutarli a farci diventare un target perfetto».
È allora il
caso di invocare leggi che ci proteggano oppure è troppo tardi? «Dall’Europa
sono venute le prime obiezioni concrete all’idea che su internet il vincitore
prende tutto e detta le sue regole. Prima uno stop alle concentrazioni
monopolistiche, che ha colpito Microsoft, ora la questione del diritto
all’oblio, che riguarda Google. Un governo deve immaginare regole che
permettano lo sviluppo, ma al contempo siano capaci di indirizzarlo in una
direzione precisa». La politica è la risposta allora? «Non lo so, certo non è
internet». Internet, nella visione di Keen, è semmai una nuova rivoluzione
industriale, come quella del ferro e del vapore nell’800: «Anche allora c’era
chi si schierava contro, e col senno di poi possiamo dire che era una posizione
senza senso».
Ci si può
ancora opporre, forse, all’avanzata delle tecnologie da indossare e degli
oggetti connessi: «Gli smartwatch potrebbero diventare una seria invasione
della privacy, l’Internet delle cose potrebbe limitare ulteriormente il nostro
spazio privato. Davvero ci serve avere un aggeggio al polso per avvisarci ogni
volta che arriva una mail?», si chiede Keen. Tira fuori il suo iPhone 6 Plus e
mostra l’app di posta elettronica: «Io penso che la cosa migliore delle mail
non sia la notifica, ma il tasto elimina».
Bruno Ruffilli La Stampa 28 Marzo 2015
Per cambiare occorre una
Altra Cultura
Cantiere di opinioni
e di azioni
valorizzare il territorio ed i suoi
abitanti attraverso il confronto e la condivisione
per esprimere
al meglio il meglio
Ci troviamo al
TREFF
via San Carlo 1 Giaveno(TO)
Lunedì 13 Aprile 2015 ore 20.30
Faremo il punto sul progetto
“Legami”
Territorio Arti Culture
Gli incontri sono aperti a
tutti
e se vorrai portare un libro da
scambiare
aiuterai la cultura a viaggiare
Se volete, dite la Vostra
qui sotto!!!
gba
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